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24 ottobre 2012

IL SENSO DELLA MONTAGNA di Anatolij Burkeev


‎Le montagne non sono stadi dove soddisfo la mia ambizione di arrivare. Sono cattedrali, grandiose e pure, i templi della mia religione. Mi accosto a loro come qualsiasi essere umano si accosta ad un luogo di venerazione. Sui loro altari mi sforzo di perfezionarmi fisicamente e spiritualmente. In loro presenza tento di comprendere la mia vita, di esorcizzare la vanità, l’avidità e la paura. Dall’alto delle loro vette elevate guardo il mio passato, sogno il futuro, e sento con una particolare intensità il momento presente. Quella lotta rinnova la mia forza e rende chiara la visione. In montagna celebro la creazione, perchè a ogni ascensione rinasco  (Anatolij Nikolaevic Bukreev)

Leggo la citazione che Piero ha postato sulla pagina del nostro gruppo e non posso che condividere lo spirito con cui Anatolij descrive il suo amore per le montagne. Contemporaneamente mi chiedo ma chi è che scrive una cosa tanto profonda rispetto alle vette più elevate. Smanetto un po' in rete e trovo la risposta alla domanda. 

Chi era Anatolij Bukreev? Un alpinista, uno sportivo dotato di qualità atletiche fuori dal comune, uno dei migliori esempi di una scuola di alpinisti misconosciuta ai più, quella sovietica. Ma Bukreev era anche un uomo molto profondo nella sua semplicità. Grazie a capacità fisiche, mentali e morali eccezionali Bukreev riuscì a compiere imprese straordinarie anche sulle vette più estreme, quelle himalayane, ad una velocità ed un ritmo altissimi. Nella sua carriera si possono citare tra le altre 21 vette oltre gli 8.000 metri, di cui 4 volte quella dell'Everest. Era anche un ultrarunner capace di correre in allenamento 90 km. Il resto lo potete leggere su Xrun

Non mi basta e scopro anche che Anatolij Bukreev è anche autore del libro Everest 1996, in cui racconta come è sopravvissuto alla tragedia del '96 sull'Everest, cercando di controbattere alle accuse mosse da Krakauer nel suo libro Aria Sottile. Ma Anatolij riusci solo a rimandare l'appuntamento con la morte di anno. Nel dicembre 1997, insieme a Dimitri Sobolev e a Simone Moro, partì per una spedizione sull'Annapurna, dove avrebbero aperto una nuova via estremamente difficile date le condizioni invernali. 

Il 25 dicembre, durante le prime fasi della spedizione, intorno ai 5700 metri di quota, gli alpinisti furono travolti da una valanga. Moro, che si trovava più in alto e aveva già attraversato la zona più pericolosa, fu trascinato circa 500 metri più in basso e, non trovando più i compagni, rientrò da solo al campo base dal quale fu trasportato in elicottero in ospedale per curare le sue ferite. Fu preparata una spedizione di ricerca per Boukreev e Sobolev, nella speranza che anch'essi fossero usciti dalla valanga e che avessero raggiunto il campo I, a circa 5200 metri. La spedizione di ricerca arrivò sul luogo il 3 gennaio, 10 giorni dopo l'incidente a causa del maltempo, ma non trovò traccia dei due alpinisti, le ricerche furono quindi interrotte. Al campo base dell'Annapurna è stato costruito uno stupa in memoria di Boukreev (qui sotto la foto da WanderLust). 


16 ottobre 2012

MOVE - Elogio del camminare in un video


Tempo fa mi sono trovato per le mani il bel libro di David Le Breton dal titolo Il mondo a piedi, un piccolo volumetto in cui il professore universitario francese cerca di trovare le parole (citando numerosi altri pensatori contemporanei e del passato, per spiegare quale è il senso profondo della trasgressione del viaggiare a piedi, delle curiosità che circondano questo modo apparentemente insolito di viaggiare. 

La stessa sensazione che si prova sfogliando quelle pagine, quella voglia di uscire di casa e di partire per un viaggio lento, fatto un passo dopo l'altro, si prova con il video Move, di Rick Mereki. Un video realizzato direttamente on the road, sulle strade di tutto il mondo. 

Senza un motivo particolare vi riporto un brano del libro di Le Breton:

La bellezza di camminare

"Camminare significa aprirsi al mondo. L'atto del camminare riporta l'uomo alla coscienza felice della propria esistenza, immerge in una forma attiva di meditazione che sollecita la piena partecipazione di tutti i sensi (...) Spesso camminare è un espediente per riprendere contatto con noi stessi! [...] Camminare è un modo tranquillo per reinventare il tempo e lo spazio. Prevede uno stato d'animo, una lieta umiltà davanti al mondo, un'indifferenza alla tecnica e ai moderni mezzi di trasporto o, quantomeno, un senso di relatività delle cose; Fa nascere l'amore per la semplicità, per la lenta fruizione del tempo. [...] Camminare riduce l'immensità del mondo alle dimensioni del corpo. [...] Camminare è un metodo per calarsi nel mondo, per compenetrarsi della natura, per mettersi in contatto con un universo che rimane inaccessibile alle normali modalità di conoscenza e di percezione. Con il proseguire del cammino, il viaggiatore allarga lo sguardo sul mondo, immerge il suo corpo in una nuova condizione. [...] Sicché un cammino non è necessariamente prigioniero di una vasta geografia, può anche compiersi in uno spazio ristretto, perché ciò che conta è soprattutto la qualità dello sguardo. [...] Camminare è un modo per decondizionare lo sguardo, incide un percorso non solo nello spazio ma anche nell'intimo, conduce a percorrere le sinuosità del mondo e del proprio essere in uno stato di ricettività, di alleanza. Geografia dell'esterno che si congiunge a quella dell'interno svincolandola dalle normali costrizioni sociali; "la bella strada color lavanda impallidisce a ogni secondo. Nessuno l'ha mai percorsa, anch'essa é nata con il giorno. E il villaggio là in fondo non attende che Voi per risvegliarsi all'esistenza (Roud 1984)".